La corazza caratteriale

Per la Psicanalisi lo sviluppo del carattere è un processo costante che parte dalla nascita e forma una struttura, relativamente stabile, che si modifica lentamente e caratterizza l’individuo maturo in qualunque momento della sua vita. 

I vari stadi di crescita sono definiti come fasi dello sviluppo psicosessuale (orale, anale, fallico, di latenza, genitale) e sono caratterizzati da specifiche e transitorie crisi evolutive che devono essere superate per il raggiungimento dell’identità personale. Quando le crisi evolutive non sono state efficacemente affrontate e superate ed i loro residui dinamici permangono nel presente adulto, si parla di fissazione, cioè di arresto di sviluppo emotivo alla fase di cui l’adulto esprime i comportamenti infantili in maniera eccessiva. Tale fenomeno provoca il formarsi di strutture caratteriali legate alla fase cui l’individuo è rimasto fissato, e si parla così di carattere orale, anale, edipico, genitale.

Per quanto riguarda le tendenze in conflitto all’interno dell’individuo, Freud in L’Io e l’Es (1922) propone un modello strutturale dell’apparato psichico che prevede i concetti di Es, Io, e SuperIo.

L’Es è il depositario delle pulsioni istintive innate che nella loro forma pura esigono immediata realizzazione, l’Io corrisponde alla parte cosciente della personalità, controlla il comportamento dell’Es perché questo si adegui a modalità socialmente accettabili ed è il risultato dinamico della conflittualità tra Es e SuperIo, il SuperIo si sviluppa come coscienza morale nella realtà sociale e ci spinge ad operare in conformità ad un ideale del Sé che si forma fin dalla primissima infanzia, specialmente attraverso i divieti imposti dai genitori e dalla realtà sociale.

Il concetto fondamentale di questa interpretazione dinamica della personalità è che queste tre istanze sono in conflittualità, spesso in maniera non definitiva; il SuperIo rimanda le gratificazioni che l’Es pretende immediatamente; il SuperIo combatte sia con l’Es che con l’Io perché nessuno dei due soddisfa il codice morale che esso rappresenta; questa tripartizione esprime la discordia interiore che spesso si incontra in noi stessi; il carattere è rappresentato così dalla diversità degli equilibri che si stabilisce in ogni persona tra Es, Io e SuperIo.

In tal caso il modo soggettivo di affrontare e risolvere una situazione esistenziale è non solo una maniera di affrontare una difficoltà ambientale specifica, ma è anche un tentativo di risolvere contemporaneamente un conflitto personale; pertanto i motivi che determinano un comportamento subiscono varie forme di distorsione simbolica prima di manifestarsi nella condotta specifica.

Questa interpretazione spiega in misura soddisfacente la coerenza e la continuità dell’agire di una persona in vari momenti e situazioni esistenziali ma tralascia troppo l’interesse per la persona come unità biologica funzionante ed ha escluso dal concetto di carattere lo studio e l’interessamento per il corpo come espressione globale della personalità umana.

Reich è stato il primo psicoanalista a formulare una teoria coerente del carattere. Egli dimostra che i diversi tratti del carattere dipendono l’uno dall’altro e che, presi assieme, formano una difesa unitaria contro tutte le emozioni che si percepiscono come pericolose: quindi il carattere è inteso come meccanismo di difesa contro le vere o presunte aggressioni dell’ambiente.

Reich chiama questa difesa “corazza caratteriale” e dimostra che questa corazza ha la sua origine in situazioni dell’infanzia, quando al bambino era stata negata la soddisfazione degli impulsi istintuali, la cui energia era stata divisa in modo che una sua parte manteneva repressa l’altra, tale repressione viene generalmente agita attraverso l’irrigidimento del diaframma, che comporta una modificazione della respirazione. Tramite il respiro introduciamo nel nostro organismo ossigeno che serve per la combustione metabolica e per la produzione di energia, diminuendo la respirazione si ha una minore mobilizzazione di energia vegetativa e, quindi, delle sensazioni e degli affetti.

Secondo Reich la struttura caratteriale dell’uomo varia individualmente assumendo come poli caratteriali estremi il carattere genitale ed il carattere nevrotico, il primo ha un approccio con la vita franco e diretto, ha attività ed efficacia costanti senza agitazione, vive con obiettività e realismo i problemi, affronta con critica e sensibilità le angosce e le inquietudini, crea, ama, non riconosce autorità che non sia necessaria, segue costantemente l’autoregolazione stabilendo la supremazia dell’intelligenza sulla viva e libera circolazione dell’energia libidica, si oppone al misticismo, al meccanicismo, alla demagogia, alla rabbia distruttiva e favorisce i movimenti che lottano per la libertà, per l’amore, per la gioia di vivere. Il carattere nevrotico è il negativo del precedente: in esso dominano le negazioni, i dinieghi, le pulsioni pregenitali e incestuose. L’Io, l’Es ed il SuperIo sono coinvolti in una eterna girandola di conflitti, di sensi di colpa, di inibizioni; il carattere nevrotico evita il confronto con gli altri e con il reale, si sottomette facilmente, si lascia andare a slanci mistici e poi li abbandona, reagisce in uno stato continuo di non autenticità, presenta impotenza orgastica e squilibrio libidico.

Reich fa analisi del carattere e non caratterologia analitica, per far questo ha introdotto, (considerando che un corpo esprime il carattere con i suoi atteggiamenti, posture, toni muscolari, tensioni), l’intervento terapeutico sul corpo, stimolando l’energia vitale bloccata a liberarsi, onde modificare e sciogliere la corazza caratteriale muscolare.

E’ stata questa l’intuizione più grande di Reich, che ha così modificato l’approccio analitico, portandolo da una serie di lunghe stereotipiche interrelazioni verbali e culturali ad un dinamismo emozionale ed energetico di grande intensità, tale da non analizzare soltanto ma da modificare dal fondo la struttura caratteriale delle persone sofferenti che chiedevano e chiedono all’analisi uno strumento che risolva in via definitiva il malessere, anche agendo sulle malattie psicosomatiche che esprimono sempre un difettoso fluire dell’energia vitale.

Il terapeuta non funge più da schermo bianco su cui il paziente proietta i suoi fantasmi, ma siede di fronte al paziente con un atteggiamento volto al tentativo di mostrare al paziente stesso il suo atteggiamento caratteriale difensivo e le sue rigidità muscolari, viene introdotto il contatto fisico con il fine di sciogliere le rigidità muscolari.

Egli individua 7 livelli di blocco muscolare su cui lavorare: occhi, bocca, collo, torace, diaframma, addome e pelvi e vi lavora con specifici “acting”, cioè movimenti attivi che hanno la funzione di sciogliere la contrattura e liberare l’energia vegetativa in essa legata.

Egli afferma “Ogni volta è sorprendente vedere come lo scioglimento di un irrigidimento muscolare non solo libera energia vegetativa, ma riproduce anche quella situazione nella memoria in cui la repressione della pulsione si era verificata. Possiamo dire che ogni irrigidimento muscolare contiene la storia ed il significato del suo sorgere”.